Affinità e divergenze tra Italia ed estero: l’intervista a Nur Al Habash

Affinità e divergenze tra Italia ed estero: l’intervista a Nur Al Habash

Che le differenze tra musica live in Italia e all’estero esistano è palese. Ma uno dei rischi che si corre, spesso, è di parlare più per sentito dire che per esperienza diretta. Le sfumature sono infatti molteplici e variano notevolmente a seconda di punti di vista e riferimenti. Per questo motivo abbiamo deciso di interpellare l’ex direttrice di Rockit Nur Al Habash, oggi responsabile di Italia Music Export.

Come nasce e come funziona l’ufficio Italia Music Export di SIAE?

L’Italia Music Export nasce nel Novembre 2017 per fornire un servizio gratuito a tutti gli associati SIAE che operano nella filiera musicale italiana. È un ufficio che funziona come gli altri music export office europei e internazionali: opera per favorire l’esportazione della musica nazionale nel mondo. Le attività che ci caratterizzano sono tante, ad esempio sosteniamo economicamente artisti ed operatori per favorire la loro mobilità (per concerti, showcase, viaggi di lavoro), forniamo supporto formativo e strategico e promuoviamo la musica italiana all’estero attraverso vari canali (dai social network alla newsletter fino all’ingaggio di uffici stampa stranieri dedicati). Inoltre ogni mese partecipiamo ad eventi musicali internazionali come fiere e festival, a volte organizzando degli showcase di musica italiana. Questi eventi sono parte integrante del nostro lavoro, perché ci consentono di coltivare e allargare il nostro network fuori dall’Italia. Un esempio è la nostra partecipazione nel circuito Etep – che riunisce festival europei, radio, uffici export – e nell’EMEE, l’associazione degli uffici export europei, con la quale stiamo portando avanti uno studio per la Commissione Europea che verrà presentato ad Ottobre a Bruxelles, e che sarà alla base delle prossime azioni europee riguardanti la musica. 

Quali differenze ci sono tra Italia ed estero per quanto concerne la musica live?

Le differenze sono tante e ogni paese ha le sue peculiarità, gli aspetti che funzionano bene e quelli che funzionano peggio. Non credo nella narrativa di chi racconta di come all’estero tutto sia migliore che in Italia, insomma. Negli ultimi decenni nel nostro paese forse c’è stata un po’ di difficoltà nel portare pubblico ai concerti, ma molto recentemente è iniziata per fortuna una controtendenza: come riportato nell’Annuario dello Spettacolo di SIAE, i numeri tornano a salire. Rimane il dubbio però che questo pubblico sempre più numeroso tenda a concentrarsi nei grandi eventi, suggerendo quindi un minore interesse per i concerti di artisti meno conosciuti ed emergenti, sia italiani che stranieri. All’estero forse i club che propongono tutte le sere musica originale del vivo hanno un pubblico più affezionato che da noi.

A che punto è la cultura musicale in Italia?

In questo momento nel nostro paese la musica italiana e cantata in italiano ha un’importanza centrale e totalizzante, e i riscontri in termini di live e discografia lo dimostrano. Tuttavia credo che sia necessario guardare al quadro nel suo insieme, allargare lo sguardo al medio e al lungo periodo, e ricordare sempre come la musica e il suo consumo siano espressione della società in cui viviamo, e che in quanto tali siano soggetti a tendenze e ondate. Il pubblico non ha necessariamente gusti fossilizzati, quello che oggi ci sembra anacronistico magari tra poco diverrà la norma. 

In questi giorni si tiene il KeepOn Fest a Roma, con panel dedicati al mondo della musica live e concerti in cui si riuniranno gli addetti ai lavori. Quanto conta fare rete oggi?

Conta tantissimo, in Italia come all’estero. Certo, alcuni gruppi e network funzionano e altri meno, ma per una serie di variabili che non dipendono affatto dalla nazionalità dei partecipanti. Fare rete permette innanzitutto di contarsi e di contare, di avere un peso come categoria nelle relazioni e nelle negoziazioni. In più è fondamentale per confrontarsi, sia con altri colleghi che con soggetti esterni, e per crescere. In Italia forse c’è un po’ di scetticismo in più rispetto alle corporazioni, soprattutto se guardo ai giovani professionisti della musica. Ma piattaforme come quella di KeepOn dimostrano che nel fare rete c’è tutto da guadagnare.
 

Giungla al Great Escape

In quanto associazione di categoria che riunisce live club e festival italiani, KeepOn punta a generare crescita. Come valuti le location nazionali dedicate alla musica?

I club italiani, pur essendo meno numerosi sul territorio e forse meno attraenti rispetto a quelli del resto d’Europa, sono anche decisamente i più sicuri. Frequentando concerti in capitali europee ci siamo trovate in situazioni critiche sotto questo profilo. La rigidità della legislazione italiana, che spesso dà del filo da torcere a organizzatori di concerti e gestori di club, ci rende all’avanguardia dal punto di vista della sicurezza.

Che parametri utilizzate per valutate l’esportabilità degli artisti italiani?

Gli unici che utilizziamo sono quelli relativi alla solidità della strategia di esportazione. Non facciamo valutazioni di tipo musicale, anche perché chiunque può avere un suo pubblico, se sa trovarlo e coinvolgerlo a dovere. 

Ci puoi fare dei nomi di artisti italiani che hanno le carte in regola per essere apprezzati all’estero?

Non posso fare nomi, ma non per una questione di neutralità, è proprio difficile capire cosa intendiamo per “apprezzati” e cosa per “estero”. Ci sono band italiane di metal gotico che fanno 10.000 paganti a data in Cina, così come altri gruppi garage e rock’n’roll che suonano in tour lunghi mesi in Stati Uniti e Messico. C’è chi, tra gli italiani, propone musica elettronica molto sperimentale e compare sulle maggiori testate musicali internazionali, e chi ha dato alla musica classica moderna un nuovo volto da milioni di stream. Non sono artisti conosciuti in Italia, o con una grande rilevanza a livello di cultura pop mondiale, eppure ognuno ha la sua nicchia (spesso composta però da milioni di ascoltatori in tutto il mondo) e funzionano. Insomma, non esistono regole precise o parametri incontrovertibili per decretare il successo di un artista, nemmeno all’estero. 

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