Coez dal vivo: “è sempre bello”
Un concerto di Coez, per quel che mi riguarda, è sempre un po’ come “tornare a casa”, uno di quegli appuntamenti che aspetti con impazienza, ma anche con un po’ di timore, perché non sai mai davvero come uscirai da quell’incontro.
Il percorso di Coez e la sua evoluzione artistica mi hanno sempre coinvolta ed emozionata, arrivando a livelli di batticuore impazzito quando si trattava di difenderne il valore sia con amici che con colleghi.
A volte capita: un artista, che può non essere il nostro preferito, si conquista una corsia preferenziale dalla cuffia al cervello, ma soprattutto al nostro cuore e al nostro stomaco.
Per me Coez è quell’artista: l’ho sempre seguito con attenzione, apprezzandone i miglioramenti e temendo infinitamente nel momento del passaggio da “nicchia” a mainstream.
Metto le mani avanti: sono felicissima del successo che sta ottenendo da un paio di anni a questa parte grazie a “Faccio Un Casino”, anche se il timore che lo spostamento di target avvenuto per merito di “La musica non c’è” non l’ho mai nascosto.
Lo scorso 16 novembre, all’Unipol Arena di Bologna, ho assistito a un vero e proprio spettacolo completo durante il quale l’artista non solo ha intrattenuto un’arena decisamente gremita, ma si è evidentemente divertito in prima persona.
Vedere l’evoluzione sul palco di Coez è stato molto interessante: durante i primi concerti a cui andavo, ormai diversi anni fa, la mobilità era un concetto decisamente preso poco in considerazione, così come anche il coinvolgimento del pubblico, con il quale non c’era molto dialogo. Ma, in fondo, andava benissimo così, allora.
Adesso no, adesso quello che è andato in scena è un concerto con tutti i crismi, con una produzione massiccia dietro e un’idea forte, quasi quanto la personalità dell’artista sul palco.

Coez interagisce con il proprio pubblico non solo per “sentire che ci siete”, ma anche per prendersi scherzosamente in giro quando ammette che tutte le canzoni del suo nuovo disco sono le sue preferite e che le introdurrà tutte dicendo che sono “la canzone che ama di più”.
Ma non si tratta solo di scherzare con il proprio pubblico: tra i millemila effetti che accompagnano il concerto (splendido l’effetto per il quale i tre musicisti sulla pedana rialzata sul palco sembravano davvero uscire dalle nuvole sulle note di “Jet”) c’è anche lo spazio per lasciar parlare le immagini delle missioni in mare di Open Arms e la voce registrata del cantante che, nel frattempo, scompare dal palco insieme alla sua band.
Coez sveste i panni di Coez e si sente che a parlare è Silvano: racconta la storia di un suo amico che ha deciso di partire in missione su una delle navi di Open Arms e ci narra la sua opinione in generale, oltre che la reazione nello specifico all’annuncio della decisione di suddetto amico. Un momento che sinceramente non mi aspettavo, ma che mi ha permesso di apprezzare ancora di più non solo il Coez artista, ma Coez come persona, “il Silvano dietro a Coez”, ecco.
Uno spettacolo d’impatto dal punto di vista scenico, certo, ma anche e soprattutto dal punto di vista dell’impatto emotivo, sia per le canzoni cantate nelle quasi due ore di concerto, sia per l’atmosfera che si viene a creare tra il pubblico: è sempre molto bello quando capita, ma a un concerto di Coez, per me, un po’ di più.
Le prossime date:
26 novembre – Mediolanum Forum
07 dicembre – PalaCatania
12 dicembre – Palapartenope
22 dicembre – Palaflorio